Lo sciopero della scuola di martedì 5 maggio 2015 è stato davvero un evento storico, non solo per i numeri delle adesioni, ovunque oltre l’80% e il 90% di docenti e personale ata, con punte del 100% e conseguente completa chiusura delle scuole, ma anche e soprattutto per la saldatura ed unità di intenti registratisi fra dipendenti dell’amministrazione scolastica, studenti e genitori. Una novità di assoluta rilevanza che ha clamorosamente smentito lo snobismo e le battute di dubbio gusto pronunciate da esponenti del governo e dallo stesso presidente del consiglio nei giorni successivi la proclamazione dello sciopero nazionale.
Che il sistema delle prove Invalsi, da anni al centro di molteplici e precise critiche di merito, fosse da rivedere radicalmente se non addirittura da abolire a causa della dubbia utilità nell'ambito del sistema di istruzione italiana, adesso sembra essere certificato a seguito della decisa azione di boicottaggio messa in atto dagli alunni e dai loro genitori dei vari livelli di scuola. Anche se siamo in presenza di dati non definitivi, il tam tam delle notizie provenienti dalle diverse istituzioni scolastiche, parla di prove praticamente saltate a causa dell’assenza in massa degli alunni o effettuate soltanto da pochi intimi, il che non cambia la sostanza del risultato.
Decreto o disegno di legge, è ormai il tempo delle decisioni. "Qui si parrà la 'vostra' nobilitate".
Dopo l’improvviso, ma non tanto inatteso stop alla presentazione del decreto nel Consiglio dei Ministri del 3 marzo scorso, e la decisione di convertirlo in Disegno di Legge da presentare in Parlamento, è stato tutto un pullulare di reazioni ed interpretazioni sulle reali intenzioni dell’Esecutivo Renzi rispetto alla tanto annunciata e attesa riforma della scuola. Accantonata l’ipotesi “nobile” di un richiamo del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad evitare di proseguire con la cattiva pratica della decretazione d’urgenza e chiamare deputati e senatori a prendere parte attivamente a decisioni così importanti e decisive per l’Italia, cominciano ad emergere letture più allarmistiche, riferite a possibili revisioni del contingente da assumere a partire dal nuovo anno scolastico, come solennemente promesso.
Le altissime adesioni allo sciopero unitario delle organizzazioni di categoria contro il DDL di riforma della scuola in discussione nelle commissioni parlamentari, rappresenta un fatto di grande rilevanza politica, sociale e culturale, un’assoluta novità per quanto riguarda la storia recente della scuola italiana. Per esperienza personale e dalle testimonianze dirette di tanti amici che hanno trascorso buona parte della loro vita lavorativa nel mondo della scuola, si può tranquillamente affermare che non si era infatti mai verificato che la quasi totalità dei docenti di moltissime scuole avesse aderito, informando preventivamente il preside (fatto peraltro assolutamente non dovuto).
La decisione delle più alte cariche della Repubblica francese di porre la scuola di ogni ordine e grado al centro della grande mobilitazione contro la barbarie terroristica e per formare i cittadini, in nome della vera laicità e in difesa dei valori fondanti dello Stato democratico, sollecita una riflessione seria e matura anche da noi in Italia, su alcuni concetti semplici ma essenziali, sul senso di essere e sentirsi comunità locale e nazionale, portatrice e depositaria di valori etici, civili e culturali. A cominciare proprio dalla laicità come stile di vita e non come slogan o, peggio, come una sorta di religione.
Il più grande ricatto della nostra storia repubblicana
Sono terminate sabato in Parlamento le audizioni delle Commissioni riunte sul DDL denominato “La buona scuola”. Sono stati ascoltati sindacati, associazioni, alunni e gruppi Facebook.
Ciò che è emerso chiaramente in queste lunghe giornate è stata la grande omogeneità degli interventi nel denunciare l’inquietudine per il contenuto, ma anche per il non-contenuto, del disegno di Legge per la riforma dell’istruzione.
Il personale Ata si ammala di più al Nord Italia mentre i docenti sono maggiormente di salute cagionevole al Sud, Calabria in testa. È questo in estrema sintesi il risultato di uno studio effettuato da Tuttoscuola sui dati del Miur riferiti al periodo 2011-2012. L’indagine è partita dalla “Sintesi in breve delle Certificazioni di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici del 2013”, pubblicata dall’Inps nel mese di novembre 2014, dalla quale è emerso che, tra il 2011 e il 2013 si è registrata una netta tendenza all’incremento delle certificazioni di malattia da parte dei dipendenti pubblici (Nord Est +33,7%, Nord Ovest +31,2%, Centro +25,9%, Sud +26,5%, Isole +18,2%) a fronte di una sostanziale stabilità dei lavoratori del settore privato (appena 1,1% in più).
Da “Preside sceriffo” a “Preside sindaco” o “padrone”, non si risparmiano i paragoni per niente metaforici per rendere l’idea dello scenario della scuola italiana dell’immediato futuro delineato dal disegno di legge del Governo Renzi, “Disposizioni in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa”. È l’articolo 7 a declinare le competenze di questa nuova figura di super dirigente scolastico, fra le quali vi è innanzitutto l’attribuzione degli incarichi ai docenti secondo criteri a dir poco discrezionali, attingendo ad un albo territoriale, per una durata triennale e secondo il fabbisogno stabilito dal piano preliminarmente elaborato per lo stesso periodo.
L’Italia si scopre giorno per giorno sempre più povera, le famiglie sono costrette a stringere la cinghia ormai alla rinfusa, rinunciando a tante opportunità che fino a qualche tempo fa sembravano normali e che invece adesso sono diventate un lusso per pochi, ricchi e fortunati.
E si scopre anche che la scuola italiana risulta essere contemporaneamente vittima e carnefice. È la riflessione che viene di fare spontaneamente di fronte al quadro impietoso che emerge da “Gli orizzonti del possibile”, il sibillino titolo del 5° Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, presentato da Save the Children.
- Bisogna sentire ed ascoltare seriamente le voci degli studenti
- Commissioni esami di Stato. Guardare avanti, verso soluzioni nuove, non riproporre le solite minestre riscaldate
- La risposta della buona scuola italiana al progetto del governo
- I capaci e meritevoli e il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro